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Tante patrie separate e sottomesse

Fino alla fine del Settecento la Svizzera era un variopinto coacervo di differenti entità politiche e territoriali: repubbliche rurali, città sovrane, signorie ecclesiastiche e comunità di montagna, tutte dotate di larghissime autonomie, erano tra loro confederate in una Lega comune, a cui aderivano come alleati anche Stati autonomi come i Grigioni e il Vallese.

Parte del territorio non godeva tuttavia di una piena autonomia politica: organizzati in "baliaggi" e sottoposti alla sovranità dei tredici Cantoni sovrani erano la Turgovia, il Baden, la Valle del Reno, il Freiamt (Argovia), Sargans. E sotto il protettorato dei Cantoni svizzeri cadevano pure le terre a sud del San Gottardo: la Leventina era dominio esclusivo di Uri; Blenio, la Riviera e il Bellinzonese appartenevano ai tre Cantoni primitivi di Uri, Svitto e Nidwalden; la parte meridionale, comprendente Lugano e Mendrisio, oltre a Locarno e Valle Maggia, era governata in comune da tutti i Cantoni sovrani (escluso Appenzello).

Gli otto "baliaggi italiani" erano minuscoli mondi autonomi, che si regolavano con ordinamenti e consuetudini proprie, minuziosamente registrate negli statuti che disciplinavano fin nelle minuzie la vita delle comunità locali e regionali: dalle norme per lo sfruttamento dei beni comuni come pascoli, acque e strade, alle pene e alle multe da infliggere ai trasgressori delle leggi, alle competenze e doveri dei vari organismi pubblici.

Alla testa di ogni baliaggio vi era un landfogto, o balivo, in carica per due anni, il cui operato era sottoposto a verifica da parte dei sindacatori, una commissione di ambasciatori dei Cantoni sovrani che annualmente visitava le prefetture. I poteri di quegli alti funzionari svizzeri erano tuttavia limitati quasi esclusivamente all'esercizio della giustizia, che doveva comunque attenersi agli statuti, ai decreti, ai privilegi e anche alle consuetudini.

Quelle tradizionali forme di governo e autogoverno, irrigidite nel corso dei secoli, non avrebbero retto all'urto dirompente di una società in piena evoluzione: i rivolgimenti politici e istituzionali portati dalla rivoluzione francese e da Napoleone in tutta Europa tra Sette e Ottocento non avrebbero infatti risparmiato neppure le discoste vallate ticinesi, le cui comunità, a malincuore, sarebbero state chiamate al sacrificio delle proprie prerogative gelosamente difese per secoli.

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