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Domande frequenti

Per molestia sessuale sul posto di lavoro si intende qualsiasi comportamento di carattere sessuale o fondato sull'appartenenza di genere che, per una delle parti, risulta indesiderato, offendendo la persona nella sua dignità. La molestia può verificarsi durante il lavoro oppure nel contesto di eventi aziendali.

Le molestie sessuali possono assumere molte forme attraverso manifestazioni:

  • verbali: osservazioni dichiarazioni, allusioni, richieste di tipo sessuale;
  • non verbali: sguardi o gesti, messaggi, affissione di materiale pornografico, esibizionismo;
  • fisiche: sfregamenti, palpeggiamenti, fino ad atti violenti (schiaffi) e aggressioni (tentativi di stupro).

Le molestie sessuali sul posto di lavoro rappresentano una discriminazione e sono inammissibili. I datori di lavoro sono tenuti ad adottare misure preventive contro le molestie sessuali e a intervenire qualora si verifichino casi concreti.

Se non adempiono questo dovere, i datori di lavoro possono essere condannati a pagare un indennizzo alle vittime.

Per principio esistono due tipi di discriminazione salariale. Segnatamente:

  • una retribuzione diversa per un lavoro uguale
  • una retribuzione diversa per un lavoro diverso, ma di pari valore.

Entrambe sono vietate dalla Costituzione e dalla legge. Nondimeno fanno parte della realtà quotidiana: grazie alla Legge federale sulla parità dei sessi, entrata in vigore nel 1996, è possibile far valere il diritto alla parità sul lavoro davanti al giudice.

E' importante in primo luogo raccogliere informazioni corrette e complete sui salari. Affronti apertamente il tema del salario. Consulti l'opuscolo "Il mio salario sotto la lente" dell'Ufficio federale dell'uguaglianza fra donna e uomo.

Un esame generalizzato dei salari può essere effettuato attraverso lo strumento del calcolatore salariale e attraverso un confronto con i risultati di un questionario sui salari.

Se il sospetto di discriminazione salariale risulta essere fondato cerchi di parlare con il suo superiore o con la persona responsabile del personale. Se il colloquio non produce l'effetto voluto, contatti un ufficio esterno all'azienda che potrà aiutarla nei passi successivi (associazione del personale, sindacato, consultorio, ufficio per la parità).

Talvolta è necessario passare per le vie legali. In Ticino occorre rivolgersi preventivamente e obbligatoriamente all'Ufficio cantonale di conciliazione in materia di parità dei sessi che ha il compito di consigliare le parti e di aiutarle a trovare un accordo evitando che la controversia si trascini davanti un tribunale.

Dal 1. luglio 2005 tutte le madri che esercitano un'attività lucrativa hanno diritto - a determinate condizioni - a un congedo maternità pagato che dura fino a 98 giorni dopo la nascita.

L'assicurazione maternità è versata sottoforma di indennità giornaliere: le madri ricevono l'80 percento del salario fino a un massimo di 196 franchi al giorno.

La donna ha diritto all'indennità di maternità se:

  • Negli ultimi 9 mesi prima del parto era assicurata ai sensi della Legge sull'AVS.
  • Durante questo periodo ha potuto svolgere per almeno 5 mesi un'attività lucrativa.
  • Al momento del parto lavorava come dipendente o come indipendente o collaborava nell'azienda del coniuge percependo un salario in contanti.
  • Al momento del parto era disoccupata e aveva diritto alle indennità giornaliere dell'assicurazione disoccupazione.

Le indennità giornaliere dell'assicurazione maternità devono essere richieste immediatamente. Se riprende la sua attività dopo le 8 settimane in cui le è vietato lavorare, la madre perde il diritto all'indennità a meno che il bambino non debba restare in ospedale per motivi di salute.
L'assicurazione maternità prevista dalla legge è da intendersi quale soluzione minima che può essere ampliata in un contratto collettivo di lavoro (CCL) e in regolamenti del personale. I datori di lavoro possono quindi adottare regolamentazioni specifiche, purchè non inferiori alle condizioni minime imposte dalla legge (14 settimane di congedo all'80% del salario).

Non esiste un congedo paternità comparabile al congedo maternità, anche se costituirebbe un passo nella direzione auspicata di una ripartizione paritaria dei compiti in seno alla famiglia.

 

Secondo le regole della Commissione svizzera per la lealtà, la pubblicità che discrimina uno dei sessi svilendo la dignità della donna o dell’uomo è inammissibile.

E’ da considerare sessista la pubblicità nella quale:

  • A uomini o donne vengono attribuite caratteristiche stereotipate che mettono in dubbio la parità tra i sessi.
  • Si presenta una persona dell’uno o dell’altro sesso come oggetto di sottomissione o sfruttamento e si lascia intendere che la violenza o il dominio sull’altro siano tollerabili.
  • Una persona dell’uno o dell’altro sesso non gode del dovuto rispetto, in particolare se si tratta di minori.
  • Tra la persona che rappresenta un certo sesso e il prodotto pubblicizzato non esiste alcun nesso naturale.
  • La persona ricopre una funzione puramente decorativa, volta ad attirare l’attenzione.
  • La sessualità è presentata in modo inadeguato.

Contro la pubblicità ritenuta sessista è possibile inoltrare reclamo alla Commissione svizzera per la lealtà. Il sito contiene un vademecum per la redazione e la presentazione del reclamo, l’apposito modulo e un esempio (in tedesco e francese).