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Discorso

Dipartimento dell'educazione, della cultura e dello sport

18 novembre 2023

Discorso

Dipartimento dell'educazione, della cultura e dello sport

18 novembre 2023

Contributo della Consigliera di Stato Marina Carobbio Guscetti alla Giornata di studio “…e se ascoltassimo?” Lugano, 18.11.2023


- Fa stato il discorso orale -

Gentile signora Demartini,
gentili professoressa Greco e professoressa Astrologo,
gentili professoresse e professori, esperte ed esperti, studentesse e studenti,
gentili signore e signori,

desidero innanzitutto ringraziare sentitamente l’Università della Svizzera Italiana, il Servizio LINEA del Dipartimento dell’educazione, della cultura e dello sport (DECS) e l’Associazione Justice, per l’ideazione e l’organizzazione della giornata di studio odierna dedicata all’ascolto.

Una delle prime necessità che ho individuato al mio arrivo al DECS, alcuni mesi or sono, è stata precisamente quella di investire sull’ascolto. Di ascoltare, nello specifico i bisogni e le proposte degli attori del mondo della scuola. Ma anche di porre l’ascolto alla base dello sviluppo della scuola stessa.
E allora, tra le altre cose, l’idea di lanciare una piattaforma – ora in fase di progettazione – proprio per raccogliere idee e suggerimenti, proposte e critiche, problemi e soluzioni.
Ma non c’è solo la necessità di ascolto su aspetti di interesse generale al centro dell’attenzione. Indispensabile pure l’ascolto dei problemi o del disagio dei singoli e saperli accogliere, cosa che fa il servizio LINEA del Dipartimento, dietro le quinte, in modo discreto, nei confronti del corpo insegnante.

L’ascolto al posto del rumore o del giudizio allora. Perché, lo sappiamo, solo l’ascolto è la base del dialogo. Sembra una cosa semplice. Non lo è affatto. Tanto meno nella società contemporanea, dove i ritmi di vita – e della comunicazione – sono frenetici. Dove l’essenziale si nasconde spesso dietro a una miriade di informazioni superflue. Dove le cose invecchiano a una velocità qualche tempo fa ancora inconcepibile, senza che riusciamo magari nemmeno a captarle. Dove come esseri umani ci si sfiora talvolta soltanto, molte volte ci si passa accanto. E dove al tempo stesso si è in balia dei venti, dove si è giudicati facilmente, dove si viene messi alla berlina in un istante, anche da ragazzini. Dove sono le voci più tuonanti a vincere, dove sembra addirittura essere tornata a dominare la legge del più forte (tristemente colmi di ciò, i media).

Per l’ascolto ci vuole calma, silenzio, disponibilità, pazienza. Permettetemi di guardare alla questione attraverso le lenti del mio dipartimento, le lenti dell’educazione. Vorrei potessero imparare anche questo, oggi, i bambini e le bambine, i ragazzi e le ragazze, nelle scuole: la capacità di prendersi il tempo, di ascoltarsi, di essere indulgenti, in primis con sé stessi. L’abilità di osservare, di essere curiosi su ciò che ci circonda. E il non essere giudicanti nei confronti degli altri, nemmeno quando gli altri sbagliano e magari sbagliano “per davvero” e tanto.

Ascolto, osservazione e poi parole. Perché anche le parole contano: feriscono oppure curano, distruggono oppure rigenerano. È indispensabile che i giovani e le giovani imparino a usarle, che le padroneggino, che sappiano sfoderarle con accortezza. Pure su questo deve investire la scuola. E sono numerosi i docenti già all’opera.

Solo lavorando sull’ascolto e sulle parole avremo cittadine e cittadini saldi sui loro piedi, capaci di sentire, di capire, di costruire, di discutere, anche di litigare quando necessario, di sapersi difendere, di considerare i conflitti come opportunità di crescita. Solo così avremo persone che – quando invece i veri inciampi e gli errori occorrono – saranno in grado di rialzarsi, per correre ai ripari, per chiedere scusa, per rimediare ai torti fatti, per non ripetere gli sbagli commessi.

Solo così ci saranno relazioni basate sulla comprensione e sul rispetto. Solo così avremo una società responsabile, capace di evolversi, anche di fronte a drammi o cadute maggiori.

È la storia che ce lo insegna. La storia ci dà speranza. Gli sforzi per questo tipo di società, una società più umana e più giusta, vanno tuttavia assolutamente, a mio modo di vedere, fatti qui e ora: i tempi ce lo impongono. Come politici, come studiosi, come cittadine e cittadini tutti. Ognuno con i propri mezzi e assieme.

Grazie dunque ancora per la preziosa occasione di riflessione odierna. Non potrò purtroppo restare per l’intera giornata. Sono comunque molto felice di avere almeno per un po’ la possibilità di fermarmi con voi all’insegna dell’ascolto.